¨•∆JN∆•¨ Inviato: 16 Settembre 2011 Segnala Condividi Inviato: 16 Settembre 2011 Ciao a tutti,ho un amico che sta scrivendo un racconto a puntate e mi ha chiesto di chiedere il parere di persone sconosciute riguardo al suo scritto... ve lo posto qui, se potete leggetelo e poi mi dite com'è :) grazie infinite!Eywa ngahu Uccelli neri poggiano le zampe su resti di palizzate fumanti, sembrano impalati, non fosse per il loro continuo gracchiare, nell'atto di scorgere loro compagni nell'occhio rosato di un alba più sanguinante del solito. Quella luce intenta a scavare nel terreno di una città assuefatta dal silenzio, calato l'echeggiare del passaggio si ombre, scure, un solo piccolo albero conserva ancora la sua immagine, dopo un'aspra lotta, conserva il verde fogliame, argentato, come un principesco mantello, e sotto, come uscita dalle più belle favole, una principessa dagli occhi vitrei, ma questa non è una favola, e la fanciulla tutt'altro che una principessa. Ferma, fissa anch'essa sull'alba, come i corvi in lontananza, cerca, scruta, ma non trova altro che fumo, ma sente, sente il silenzio calato sul suo rifugio, sente lo scricchiolare del suo migliore amico. Lui, che l'ha sostenuta, l'ha salvata dall'ignoto, si arrende, si spezza, si leva il mantello e si inginocchia ai piedi di quella creatura, che come una cerbiatta braccata dal predatore, fugge spaesata pensando solo a sé stessa, corre impaurita tra la polvere, tra mucchi di macerie incenerite. Piedi nudi che delicatamente s'impongono sulle schiene di case ed alberi sdraiati al suolo, spezzano un'atmosfera macabra, come di lutto per la morte di ogni rumore quotidiano, piedi che catturano le ceneri di vecchie vite e di sogni svaniti, come un retino intrappola le farfalle, immortalandole in una bacheca di vite e memorie bruciate nel corso di pochi misteriosi istanti, quegli istanti celati agli occhi dell'impaurita cerbiatta, dal mantello di un principe. Proprio in quegli occhi pieni di sconforto, la morte si specchia, ma è una morte diversa da quella di un corpo in una bara, questo è un intero paesaggio, che come un ritratto, mostra la faccia più crudele della mietitrice. In preda al panico la ragazza continuava nella sua frenetica corsa verso l'ignoto, non riusciva più a sentirsi le gambe, ma il ritmo del suo cuore la perseguitava, la spingeva a correre sempre più veloce. Corse fino a cadere nel fango, sfinita, spogliata di tutte le sue forze, vicino ad una pozza, calda, di uno strano colore, solo un rapido sguardo poi buio… Una brezza estiva pettina con mani morbide il manto di una collina che sovrasta un'ampia vallata, abbracciata da un bosco di bianchi pioppi, il sole splende e nel palcoscenico celeste le rondini inoltrano seducenti ed eleganti danze, incorniciate da cori di melodiosi canti primaverili, mentre in lontananza, all'interno di un piccolo anfiteatro di pietra, dolci fanciulle imitano le loro sorelle animali, riproducendone i balli ornate da collane e corone di bianche margherite.Celeste aprì gli occhi, si stiracchiò, intorpidita si alzò, assaporando con le candide e delicate mani i fili d'erba e le colorate corone dei fiori, ancora bagnate da una pellicola di rugiada.Mostrando al mondo le brillanti perle del suo sorriso, ornate da rosee labbra sottili, si lasciò cadere lungo la collinetta, rotolando cullata dal prato: si sentiva così libera, correre sui prati, accarezzare la natura, per poi stendersi e guardare il cielo, tappezzato da bianche sagome rotonde.Il cielo non era il protagonista del suo mondo, quello sguardo assente verso l'infinito in realtà era rivolto a lui, il suo più grande sogno, la sua più bella realtà, steso in un campo di tulipani color porpora, con uno stelo poggiato sulle labbra, le braccia incrociate dietro la nuca ed i piedi nudi poggiati su di una roccia con meravigliose venature rosse.Anche Shane, il suo amore, sognava di acchiappare le nuvole, sognava di danzare nell'azzurro con quelle graziose rondini. Sentiva i passi di lei avvicinarsi, ma lui faceva sempre finta di nulla perché amava quando Celeste gli si buttava addosso, come una gattina su un gomitolo di lana, quando gli accarezzava lentamente i capelli, dandoli baci sulla fronte.Stretti in un abbraccio, i due si fissavano teneramente: mentre lui era perso nella marea azzurra degli occhi di Celeste, lei immaginava mille avventure con il suo tesoro specchiandosi nel suo intenso sguardo, che le era sempre piaciuto per la grande varietà di sfumature marroni. Mentre i due amanti assaporavano quel tenero momento di intimità, furono interrotti dallo squillare di una tromba, accompagnato dal sopraggiungere di una piccola figura, bassa, dai movimenti tozzi. Più la figura si avvicinava, più la coppia appariva preoccupata, ed ecco in fronte a loro il minuto corpo di un uomo, che nonostante il fisico, destava grande autorità e paura verso i due giovani, che spaventati, rimasero come congelati l'uno nelle braccia dell'altro, mentre con lo sguardo seguivano l'andatura barcollante del piccolo uomo. Estratto un rotolo di pergamena iniziò ad enunciare una serie di articoli riguardanti leggi imperiali, imprecando contro gli accusati con il dito, reso storto da anni ed anni di scritture, puntato verso i due.Le parole dello sconosciuto s'interruppero lasciando posto ad uno stridore metallico che assomigliava al ruggito furioso di qualche selvaggio animale, ma purtroppo, si rivelò essere il truce verso di una decina di guardie armate, che con aria feroce, afferrarono per le braccia i due ragazzi separandoli, tra le mille grida dei due, per poi stordirli con una violenta botta sulla nuca. Una luce la stava accecando, si era appena svegliata, aveva voglia di stiracchiarsi le gambe e le braccia tutte intorpidite, ma non era in grado, sentiva come una morsa fredda e penetrante sui polsi e sulle caviglie, come se qualcuno stesse cercando di soffocarle gli arti, ed allo stesso tempo, le stesse iniettando un liquido denso e freddo nelle ossa. Cercò di guardarsi intorno, nonostante il fascio luminoso puntato addosso non le lasciasse intravedere molto, ma riuscì a scorgere degli strani individui con delle maschere trasparenti sul volto, giusto il tempo di osservare quella figura , che si ritrovò una mano grassa ed unta sul volto, mentre un'altra, le tirava i capelli per farla girare verso la luce. Sentì una voce profonda rimbombare nella stanza, sentiva che chiamava un nome, la voce diventava sempre più forte, ma lei non riusciva a capire, quelle parole le risuonavano poco chiare, come occultate da qualcosa, ad un certo punto, come per magia, tutto diventò comprensibile e ogni singolo suono acquistò significato. Quell'uomo la stava chiamando, le stava urlando contro il suo stesso nome, sembrava quasi stesse cercando di controllarla attraverso quella parola: Angela, continuava a ripeterle, prima in tono tranquillo e pacato, poi con rabbia vicino alle orecchie, tanto vicino da poter sentire l'alito caldo dello sconosciuto. Angela era smarrita, non riusciva a capire come fosse riuscita a passare da un inferno tetro e desolato, ad uno con demoni in carne ed ossa, come fosse finita in quella stanza, nelle grinfie di quelle ombre, faticava ancora a riprendersi dallo shock che aveva provato nel vedere le rovine del suo mondo, ed ora doveva affrontare l'ennesimo incubo, senza volto, senza identità, doveva affrontare un combattimento contro l'ignoto. L'individuo, appena la vide riprendersi, le domandò cosa ci facesse nel luogo dell'incidente e cosa vi fosse successo, ma Angela, chi fino ad allora aveva sperato di ottenere risposte dal suo sequestratore , si ritrovò di fronte ad un libro bianco, che sperava di essere riempito da un ignaro narratore, perciò se ne rimase zitta zitta. Purtroppo la scelta della ragazza si rivelò controproducente, infatti l'uomo divenne sempre più insistente e dopo quella che le sembrò un'eternità, la giovane, stanca e spazientita, s'infuriò, travolgendo l'uomo con l'impeto d'un torrente riempito di mille parole di rabbia, che come pesci, guizzavano fuori dalla giovane bocca della donna investendo la figura davanti a lei, che anch'essa innervosita da quella violenta reazione, fischiò portandosi due dita alla bocca. Quell'acuto suono richiamò due maschere al tavolo delle due furie, entrambe con espressione triste, ed all'ordine di uno dei due litiganti, i sottomessi iniettarono un liquido rossastro, con sfumature di un verde acceso, nel collo della fanciulla, che come una foglia secca d'autunno, si abbandonò sullo schienale della fredda sedia di metallo. Shane si ritrovò esposto in una piazza imprigionato ai polsi ed al collo attraverso una gogna, davanti a lui una folla di straccioni riempiva ceste di vimini con ortaggi dall'aria putrefatta, un energumeno dai denti marci squarciò il brusio della folla con un grottesco urlo, che diede il via al pubblico spettacolo d'umiliazione nei confronti del giovane. Mentre una grandinata di marciume gli pioveva addosso, non aveva altro pensiero che per la sua gattina, desiderava con tutte le sue forze di poterla rivedere, di poterla ancora stringere al petto, di baciarla in fronte mentre le accarezzava i morbidi capelli, sognava di poter ancora volare nel cielo dei suoi azzurri occhi, come le ultime rondini che i due avevano ammirato. Finito il trivio rito, la folla cominciò a disperdersi, col muso basso, come cani randagi dall'occhio vecchio e stanco, illusi dall'odore di cibo, ma ancora secchi ed affamati, e mentre la piazza s'isolava, il sole cominciò ad abbassarsi sotto i tetti delle case, delineandone i contorni con creste arancioni, come se le abitazioni fossero ricoperte da bucce d'arance. Il pover'uomo, libero dalla pioggia d'ortaggi, tirò un sospiro, carico di frustrazione, di collera verso sé stesso, per non essere riuscito a salvare la sua amata, per essersi fatto catturare senza aver difeso la sua gattina. Nel frattempo, Celeste, era chiusa in una cella umida e tenebrosa, attraverso sbarre di spesso acciaio ammirava il cielo, creando ritratti luminosi del suo amato collegando le stelle, mentre la luna le illuminava il viso pallido, dovuto alla travagliata notte passata nelle carceri. Disperata vagava in tondo per la stanza, menando urla strazianti, che rimbalzavano sui muri delle celle risuonando in tutto il complesso, scatenando mille lamentela fra i carcerati, costretti a subire quell'angosciante tortura. Nella cella della ragazza, china nell'angolo più buio e freddo della stanza, stava rannicchiata con la testa pesante sulle ginocchia, una donna, che con voce tremante e paurosamente profonda, apostrofò la fanciulla con parole dure, nell'intento di zittire quella cornacchia. La reazione non fu quella sperata dalla donna: si ritrovò a dover sostenere un dibattito con l'irata, che incolpò chi l'aveva ripresa di non conoscere la sua situazione e nonostante il precedente reclamo, non s'azzardava ad abbassare il tono della voce, fu così che le due vennero alle mani, ed afferrandosi i capelli, si strattonarono da un lato ad un altro della stanza. La sfida si concluse quando Celeste cadde atterrita sul pavimento freddo, con gli occhi chiusi, svenuta Citare Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
Simo Inviato: 16 Settembre 2011 Segnala Condividi Inviato: 16 Settembre 2011 Ikrana; Questi sono gli inizi di due storie separate ma unite da un filo comune forse...comunque fai i complimenti al tuo amico,ha stoffa,giudizio positivo da parte mia scrive in maniera giovane ma al contempo dettagliata e scorrevole ;-)! Citare Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
Uzbazur Inviato: 16 Settembre 2011 Segnala Condividi Inviato: 16 Settembre 2011 Ciao a tutti,ho un amico che sta scrivendo un racconto a puntate e mi ha chiesto di chiedere il parere di persone sconosciute riguardo al suo scritto... ve lo posto qui, se potete leggetelo e poi mi dite com'è :) grazie infinite!Eywa ngahu Uccelli neri poggiano le zampe su resti di palizzate fumanti, sembrano impalati, non fosse per il loro continuo gracchiare, nell'atto di scorgere loro compagni nell'occhio rosato di un alba più sanguinante del solito. Quella luce intenta a scavare nel terreno di una città assuefatta dal silenzio, calato l'echeggiare del passaggio si ombre, scure, un solo piccolo albero conserva ancora la sua immagine, dopo un'aspra lotta, conserva il verde fogliame, argentato, come un principesco mantello, e sotto, come uscita dalle più belle favole, una principessa dagli occhi vitrei, ma questa non è una favola, e la fanciulla tutt'altro che una principessa. Ferma, fissa anch'essa sull'alba, come i corvi in lontananza, cerca, scruta, ma non trova altro che fumo, ma sente, sente il silenzio calato sul suo rifugio, sente lo scricchiolare del suo migliore amico. Lui, che l'ha sostenuta, l'ha salvata dall'ignoto, si arrende, si spezza, si leva il mantello e si inginocchia ai piedi di quella creatura, che come una cerbiatta braccata dal predatore, fugge spaesata pensando solo a sé stessa, corre impaurita tra la polvere, tra mucchi di macerie incenerite. Piedi nudi che delicatamente s'impongono sulle schiene di case ed alberi sdraiati al suolo, spezzano un'atmosfera macabra, come di lutto per la morte di ogni rumore quotidiano, piedi che catturano le ceneri di vecchie vite e di sogni svaniti, come un retino intrappola le farfalle, immortalandole in una bacheca di vite e memorie bruciate nel corso di pochi misteriosi istanti, quegli istanti celati agli occhi dell'impaurita cerbiatta, dal mantello di un principe. Proprio in quegli occhi pieni di sconforto, la morte si specchia, ma è una morte diversa da quella di un corpo in una bara, questo è un intero paesaggio, che come un ritratto, mostra la faccia più crudele della mietitrice. In preda al panico la ragazza continuava nella sua frenetica corsa verso l'ignoto, non riusciva più a sentirsi le gambe, ma il ritmo del suo cuore la perseguitava, la spingeva a correre sempre più veloce. Corse fino a cadere nel fango, sfinita, spogliata di tutte le sue forze, vicino ad una pozza, calda, di uno strano colore, solo un rapido sguardo poi buio… Una brezza estiva pettina con mani morbide il manto di una collina che sovrasta un'ampia vallata, abbracciata da un bosco di bianchi pioppi, il sole splende e nel palcoscenico celeste le rondini inoltrano seducenti ed eleganti danze, incorniciate da cori di melodiosi canti primaverili, mentre in lontananza, all'interno di un piccolo anfiteatro di pietra, dolci fanciulle imitano le loro sorelle animali, riproducendone i balli ornate da collane e corone di bianche margherite.Celeste aprì gli occhi, si stiracchiò, intorpidita si alzò, assaporando con le candide e delicate mani i fili d'erba e le colorate corone dei fiori, ancora bagnate da una pellicola di rugiada.Mostrando al mondo le brillanti perle del suo sorriso, ornate da rosee labbra sottili, si lasciò cadere lungo la collinetta, rotolando cullata dal prato: si sentiva così libera, correre sui prati, accarezzare la natura, per poi stendersi e guardare il cielo, tappezzato da bianche sagome rotonde.Il cielo non era il protagonista del suo mondo, quello sguardo assente verso l'infinito in realtà era rivolto a lui, il suo più grande sogno, la sua più bella realtà, steso in un campo di tulipani color porpora, con uno stelo poggiato sulle labbra, le braccia incrociate dietro la nuca ed i piedi nudi poggiati su di una roccia con meravigliose venature rosse.Anche Shane, il suo amore, sognava di acchiappare le nuvole, sognava di danzare nell'azzurro con quelle graziose rondini. Sentiva i passi di lei avvicinarsi, ma lui faceva sempre finta di nulla perché amava quando Celeste gli si buttava addosso, come una gattina su un gomitolo di lana, quando gli accarezzava lentamente i capelli, dandoli baci sulla fronte.Stretti in un abbraccio, i due si fissavano teneramente: mentre lui era perso nella marea azzurra degli occhi di Celeste, lei immaginava mille avventure con il suo tesoro specchiandosi nel suo intenso sguardo, che le era sempre piaciuto per la grande varietà di sfumature marroni. Mentre i due amanti assaporavano quel tenero momento di intimità, furono interrotti dallo squillare di una tromba, accompagnato dal sopraggiungere di una piccola figura, bassa, dai movimenti tozzi. Più la figura si avvicinava, più la coppia appariva preoccupata, ed ecco in fronte a loro il minuto corpo di un uomo, che nonostante il fisico, destava grande autorità e paura verso i due giovani, che spaventati, rimasero come congelati l'uno nelle braccia dell'altro, mentre con lo sguardo seguivano l'andatura barcollante del piccolo uomo. Estratto un rotolo di pergamena iniziò ad enunciare una serie di articoli riguardanti leggi imperiali, imprecando contro gli accusati con il dito, reso storto da anni ed anni di scritture, puntato verso i due.Le parole dello sconosciuto s'interruppero lasciando posto ad uno stridore metallico che assomigliava al ruggito furioso di qualche selvaggio animale, ma purtroppo, si rivelò essere il truce verso di una decina di guardie armate, che con aria feroce, afferrarono per le braccia i due ragazzi separandoli, tra le mille grida dei due, per poi stordirli con una violenta botta sulla nuca. Una luce la stava accecando, si era appena svegliata, aveva voglia di stiracchiarsi le gambe e le braccia tutte intorpidite, ma non era in grado, sentiva come una morsa fredda e penetrante sui polsi e sulle caviglie, come se qualcuno stesse cercando di soffocarle gli arti, ed allo stesso tempo, le stesse iniettando un liquido denso e freddo nelle ossa. Cercò di guardarsi intorno, nonostante il fascio luminoso puntato addosso non le lasciasse intravedere molto, ma riuscì a scorgere degli strani individui con delle maschere trasparenti sul volto, giusto il tempo di osservare quella figura , che si ritrovò una mano grassa ed unta sul volto, mentre un'altra, le tirava i capelli per farla girare verso la luce. Sentì una voce profonda rimbombare nella stanza, sentiva che chiamava un nome, la voce diventava sempre più forte, ma lei non riusciva a capire, quelle parole le risuonavano poco chiare, come occultate da qualcosa, ad un certo punto, come per magia, tutto diventò comprensibile e ogni singolo suono acquistò significato. Quell'uomo la stava chiamando, le stava urlando contro il suo stesso nome, sembrava quasi stesse cercando di controllarla attraverso quella parola: Angela, continuava a ripeterle, prima in tono tranquillo e pacato, poi con rabbia vicino alle orecchie, tanto vicino da poter sentire l'alito caldo dello sconosciuto. Angela era smarrita, non riusciva a capire come fosse riuscita a passare da un inferno tetro e desolato, ad uno con demoni in carne ed ossa, come fosse finita in quella stanza, nelle grinfie di quelle ombre, faticava ancora a riprendersi dallo shock che aveva provato nel vedere le rovine del suo mondo, ed ora doveva affrontare l'ennesimo incubo, senza volto, senza identità, doveva affrontare un combattimento contro l'ignoto. L'individuo, appena la vide riprendersi, le domandò cosa ci facesse nel luogo dell'incidente e cosa vi fosse successo, ma Angela, chi fino ad allora aveva sperato di ottenere risposte dal suo sequestratore , si ritrovò di fronte ad un libro bianco, che sperava di essere riempito da un ignaro narratore, perciò se ne rimase zitta zitta. Purtroppo la scelta della ragazza si rivelò controproducente, infatti l'uomo divenne sempre più insistente e dopo quella che le sembrò un'eternità, la giovane, stanca e spazientita, s'infuriò, travolgendo l'uomo con l'impeto d'un torrente riempito di mille parole di rabbia, che come pesci, guizzavano fuori dalla giovane bocca della donna investendo la figura davanti a lei, che anch'essa innervosita da quella violenta reazione, fischiò portandosi due dita alla bocca. Quell'acuto suono richiamò due maschere al tavolo delle due furie, entrambe con espressione triste, ed all'ordine di uno dei due litiganti, i sottomessi iniettarono un liquido rossastro, con sfumature di un verde acceso, nel collo della fanciulla, che come una foglia secca d'autunno, si abbandonò sullo schienale della fredda sedia di metallo. Shane si ritrovò esposto in una piazza imprigionato ai polsi ed al collo attraverso una gogna, davanti a lui una folla di straccioni riempiva ceste di vimini con ortaggi dall'aria putrefatta, un energumeno dai denti marci squarciò il brusio della folla con un grottesco urlo, che diede il via al pubblico spettacolo d'umiliazione nei confronti del giovane. Mentre una grandinata di marciume gli pioveva addosso, non aveva altro pensiero che per la sua gattina, desiderava con tutte le sue forze di poterla rivedere, di poterla ancora stringere al petto, di baciarla in fronte mentre le accarezzava i morbidi capelli, sognava di poter ancora volare nel cielo dei suoi azzurri occhi, come le ultime rondini che i due avevano ammirato. Finito il trivio rito, la folla cominciò a disperdersi, col muso basso, come cani randagi dall'occhio vecchio e stanco, illusi dall'odore di cibo, ma ancora secchi ed affamati, e mentre la piazza s'isolava, il sole cominciò ad abbassarsi sotto i tetti delle case, delineandone i contorni con creste arancioni, come se le abitazioni fossero ricoperte da bucce d'arance. Il pover'uomo, libero dalla pioggia d'ortaggi, tirò un sospiro, carico di frustrazione, di collera verso sé stesso, per non essere riuscito a salvare la sua amata, per essersi fatto catturare senza aver difeso la sua gattina. Nel frattempo, Celeste, era chiusa in una cella umida e tenebrosa, attraverso sbarre di spesso acciaio ammirava il cielo, creando ritratti luminosi del suo amato collegando le stelle, mentre la luna le illuminava il viso pallido, dovuto alla travagliata notte passata nelle carceri. Disperata vagava in tondo per la stanza, menando urla strazianti, che rimbalzavano sui muri delle celle risuonando in tutto il complesso, scatenando mille lamentela fra i carcerati, costretti a subire quell'angosciante tortura. Nella cella della ragazza, china nell'angolo più buio e freddo della stanza, stava rannicchiata con la testa pesante sulle ginocchia, una donna, che con voce tremante e paurosamente profonda, apostrofò la fanciulla con parole dure, nell'intento di zittire quella cornacchia. La reazione non fu quella sperata dalla donna: si ritrovò a dover sostenere un dibattito con l'irata, che incolpò chi l'aveva ripresa di non conoscere la sua situazione e nonostante il precedente reclamo, non s'azzardava ad abbassare il tono della voce, fu così che le due vennero alle mani, ed afferrandosi i capelli, si strattonarono da un lato ad un altro della stanza. La sfida si concluse quando Celeste cadde atterrita sul pavimento freddo, con gli occhi chiusi, svenuta Wow! Delle bellissime storie!! Davver affascinanti! Fai i complimenti anche da parte mia al tuo amico ha talento!!:) Citare Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
mara Inviato: 17 Settembre 2011 Segnala Condividi Inviato: 17 Settembre 2011 A me e' sembrata un' unica storia con flash back dal sogno alla realta'! Bella fantasia e poi il testo si fa leggere in un fiato facendoti immaginare vari possibili scenari.......ora pero' vorrei sapere come prosegue..... Citare Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
¨•∆JN∆•¨ Inviato: 17 Settembre 2011 Autore Segnala Condividi Inviato: 17 Settembre 2011 grazie mille ragazzi, riferirò i vostri commenti positivi! :)e quando proseguirà se vorrete ve la metto qui Citare Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
Uzbazur Inviato: 17 Settembre 2011 Segnala Condividi Inviato: 17 Settembre 2011 grazie mille ragazzi, riferirò i vostri commenti positivi! :)e quando proseguirà se vorrete ve la metto qui[trad=Sì,Sorella]Srane,ma Tsmuke[/trad]! Mi piacerebbe vedere come finiscono!! :) [trad=Ci vediamo!]Kiyevame[/trad]! Citare Link al commento Condividi su altri siti Altre opzioni di condivisione...
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